di Giacomo Leopardi regia e drammaturgia di Mirko Di Martino con Antonio D’Avino, Nello Provenzano
aiuto regia Angela Rosa D’Auria scenografia di Giorgia Lauro produzione Teatro dell’Osso e Il Demiurgo in collaborazione con Teatro TRAM
anno di produzione 2021
Lo spettacolo porta in scena le “Operette morali” di Giacomo Leopardi, il suo capolavoro letterario, una delle vette più alte della letteratura universale. Il testo originale si compone di 24 prose, soprattutto dialoghi. Ne abbiamo scelte dieci. E’ stata una selezione difficile, inevitabilmente parziale, ma condotta sulla base dei temi principali: il desiderio di felicità, il dolore, la morte, il rapporto dell’uomo con gli altri uomini e con l’universo. In scena due soli attori interpretano tutti i personaggi, due figure di uomini arrivati alla fine del tempo, quando tutto è consumato, quando le illusioni sono sparite e non resta più spazio per l’azione, ma solo per la rappresentazione.
Le Operette Morali rappresentate:
- La scommessa di Prometeo
- Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo
- Dialogo di Malambruno e di Farfarello
- Dialogo di un fisico e di un metafisico
- Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie
- Dialogo della Natura e di un Islandese
- Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez
- Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere
- Dialogo di Tristano e di un amico
- Cantico del gallo silvestre
Note di regia
Leopardi non aveva certo in mente il teatro quando, nel 1824, dava alle stampe le “Operette morali”: pensava alle satire greche di Luciano, ai romanzi moderni e filosofici di Sterne e Voltaire. Eppure, non c’è dubbio che l’efficacia performativa dei suoi dialoghi è evidente, soprattutto là dove il contenuto argomentativo incontra il gusto amaro dell’ironia. Quella stessa ironia che, ancora oggi, appare così stridente in confronto all’armonia delle sue poesie. Quella stessa ironia che, ancora oggi, rende attualissimo il testo di Leopardi per come è scritto, prima ancora che per cosa è scritto: il gusto per la citazione e la parodia, la presa in giro delle manie e delle fissazioni, il contenuto filosofico nascosto nelle banalità quotidiane, la mescolanza di stile elevato e popolare, il piacere della battuta e del gioco di parole. A guardarle una dietro l’altra, queste operette, sembra di assistere a una serie antologica distopica, un Black Mirror dell’Ottocento: in quale altro testo potremmo trovare un folletto e uno gnomo che discutono della scomparsa del genere umano, un mago che evoca un demone, morti imbalsamati che risorgono, uno scienziato che ha scoperto il segreto della vita eterna, la natura che ha preso le forme di una enorme donna distesa sul fianco di una montagna?